Cosa ha sancito il DDL Lorenzin 1324/14
Dopo una serie infinita di palleggi tra Camera e Senato, il 22 dicembre 2017 è finalmente stato approvato il Decreto Legge Lorenzin che di fatto sancisce l’ingresso di osteopati e chiropratici nel mondo delle professioni sanitarie, un riconoscimento atteso da decenni da migliaia di professionisti che da anni con successo portano avanti una battaglia per la propria affermazione.
Il provvedimento atteso da tempo è stato fortemente voluto dal Registro degli Osteopati Italiani (ROI) da sempre in prima fila per la difesa dell’autonomia professionale degli osteopati ed il riconoscimento di una professione che tanto ha fatto e sta facendo per la salute degli italiani, in collaborazione e sinergia con le altre figure professionali impegnate nella salute. L’iter delineato dal DDL Lorenzin prevede che vengano definite le competenze professionali dell’osteopata ed il curriculum formativo relativo, necessario perché siano istituiti i corsi universitari, in accordo con il Consiglio Superiore di Sanità ed il MIUR.
A tutto ciò è seguita la definizione delle Core Competence, le quali delineano gli ambiti ed i confini della professione di osteopata all’interno del SSN, e del Core Curriculum, che definisce gli standard di formazione necessari per esercitare la professione.
Le modifiche all’Articolo 4 del DDL 1324/14 rischiano di cancellare la professione di osteopata
Tutto è bene quel che finisce bene, quindi? In realtà, no. Dopo oltre 10 mesi di attesa in Commissione Affari Sociali, causati da resistenze al riconoscimento della professione, sono stati presentati dalla Commissione circa 300 emendamenti alcuni dei quali sostanzialmente mirano a modificare l’Articolo 4 (proprio quello che di fatto sancisce il riconoscimento della professione sanitaria di osteopata). L’emendamento di modifica all’Art. 4 ha l’obiettivo di istituire un corso di formazione universitaria post-laurea in osteopatia, ma solo per chi è già in possesso di una laurea in Medicina e Chirurgia oppure Fisioterapia. In pratica, la modifica renderebbe l’esercizio dell’osteopatia appannaggio esclusivo di medici e fisioterapisti, tagliando fuori del tutto i professionisti osteopati che hanno seguito un percorso di studi completamente dedicato e della durata di molti anni.
Una doccia fredda che arriva al termine di un dibattito molto duro, sia dentro che fuori dal Parlamento, su temi come la formazione, i costi per il MIUR, la sanatoria di chi ha frequentato scuole private ed eventuali sovrapposizioni di competenze con altri professionisti sanitari. La reazione del ROI è stata immediata: ogni eventuale modifica dell’Articolo 4 stravolgerebbe infatti il significato del percorso formativo degli osteopati, rendendo l’esercizio dell’osteopatia possibile solo a medici e fisioterapisti e quindi paradossalmente privando gli osteopati della loro professione. Come dice Paola Sciomachen, presidente del ROI, approvando l’emendamento che modifica l’Articolo 4 l’osteopatia verrebbe relegata a branca della medicina e della fisioterapia, negando l’autonomia ad una professione che esiste da 30 anni e per esercitare la quale occorre una formazione altamente specialistica per l’acquisizione delle abilità richieste ad un osteopata.
L’entrata in vigore dell’emendamento cancellerebbe un’intera categoria di professionisti ed annullerebbe il senso della legge, che era proprio quello di riconoscere l’osteopatia come professione sanitaria con gli stessi diritti e la stessa dignità di altre professioni più note e già riconosciute.